My Story
Mi chiamo Sandra Allegro: siciliana, classe 1982.
Fin da bambina sono sempre stata interessata alla storia, ai racconti e alle vicende del passato. Erano il narrare e l’immergersi nei complessi strati del tempo, che mi consentivano di plasmare tanti eventi e gesta da far poi ricreare ai tanti pupazzi che riempivano la mia stanza.
L’interesse per il passato non era solo sui libri o nella mia fantasia. Adoravo molto viaggiare con mia zia e questo mi consentiva di conoscere i tanti bei siti e monumenti presenti nella mia amata Sicilia.
Crescendo, la passione per la storia e per l’arte maturavano sempre più. Decisi di effettuare gli studi classici e malgrado la complessità di molte materie, mi rendevo sempre più conto che le discipline umanistiche erano proprio la mia passione.
Così continuai questo percorso anche all’università. Era difficile fare una scelta. Lettere classiche rappresentava in fondo ciò che realmente cercavo ma in quegli anni (siamo in pieno 2000), stava prendendo piede sempre di più una nuova facoltà: Beni culturali e Archeologici.
Prima di allora chi voleva infatti approcciarsi agli studi archeologici, doveva scegliere un ramo di Lettere classiche (Conservazione dei Beni culturali e archeologici). La facoltà di Beni culturali Archeologici sembrò la scelta più idonea da fare. Così iniziai questo percorso presso la nuova sede ad Agrigento, a pochi passi dalla Valle dei Templi. Era la fantomatica “triennale”. Le materie erano tante, complesse ma anche molto interessanti. Ho scoperto così il mondo dell’archeologia legata al territorio (Magna Grecia e Mediterraneo) ma anche aspetti correlati a questo mondo: la legislazione, i vincoli paesaggistici, la museologia, l’archeometria, le scienze applicate all’archeologia e soprattutto il rilievo archeologico e lo scavo. Queste ultime due attività sono state in effetti una sorpresa sia in senso positivo che negativo. Vi spiego per quale motivo.
Partiamo dal rilievo archeologico, materia che prevedeva, dopo il lavoro sul campo, la stesura di una planimetria e relativa sezione del sito studiato. Sinceramente senza avere delle basi di disegno tecnico è stato molto difficoltoso approcciarsi a questo tipo di lavoro. Procedendo con un po’ di problematiche da affrontare ed anche cercando in ogni modo di cambiare una certa mentalità (da semplicemente umanistica a più scientifica), sono riuscita a svolgere quel compito per me tanto audace: pianta e sezione di una parte del colonnato del tempio di Ercole ad Agrigento. Mi son resa conto allora, delle difficoltà intrinseche del lavoro dell’archeologo: orari assurdi, problematiche nel collaborare con una equipe, faticare sotto il sole o con il freddo che penetra le tue ossa. Nel frattempo però mi capacitavo di come tanta gente osservava l’archeologo lavorare come una specie di divinità sulla terra. Questo mi permise di aprire gli occhi su “ciò che è l’archeologia” e ciò che “rappresenta per gli altri” l’archeologia.
Invece lo scavo archeologico? Beh, che dire! C’è tanto da raccontare. L’esperienza in sé sicuramente è molto formativa. Stai per due settimane presso una casa messa a disposizione dall’università e da condividere con gli altri colleghi dello scavo. La mia prima e unica esperienza è stata nei pressi del sito di Rocca Nadore (AG). In questa località si scavava con il prof. di archeologia della Magna Grecia. Era presente un abitato/avamposto greco molto complesso e con diverse parti abitative. Ogni giorno si lavorava duramente finché accadde qualcosa di imprevisto. In pieno contesto abitativo abbiamo rinvenuto una tomba collettiva, con due/tre vasetti e con diversi elementi scheletrici. L’emozione è stata grande e ricordo pure che venne una troupe giornalistica locale per documentare l’evento. Successivamente non accadde nulla. Si ritrovavano centinai di reperti ceramici che adoravo pulire e catalogare. Ricordo il sudore estivo, la fatica e anche la gioia quando un bel giorno si mise a piovere e per poche ore potevamo riposarci scherzando con gli operai. Con questa esperienza capii che lo scavo non faceva proprio per me. Non era tanto la fatica in sé che mi bloccava ma l’organizzazione e la gestione stessa del lavoro. L’archeologia non era solo scavo e questo lo avevo ben compreso studiando le varie materie collegate ad essa (come la museologia) o frequentando i diversi laboratori (per esempio quello relativo alla catalogazione della ceramica romana e medievale).
Ero già alla tesi (vi risparmio il tanto lavoro e la disperazione derivante). Adesso dovevo scegliere la specialistica.
Era possibile scegliere tra ambito preistorico, classico, orientale e medievale. Scelsi l’archeologia Medievale e Pisa parve la città più idonea. Trasferirmi dalla Sicilia in Toscana non fu subito facilissimo ma la nuova realtà mi piacque subito. Pisa era una città a misura d’uomo, bella e anche viva. Le lezioni si svolgevano in diverse sedi (alcune anche piccolissime) e malgrado la pioggia quotidiana prima di recarmi in facoltà (ed anche dopo), fu tutto molto stimolante. Era nuovo il modo di studiare la storia, l’arte la vedevi in loco ed era fondamentale la metodologia archeologica. Inoltre, scoprii l’archeologia preventiva e riuscii anche a svolgere tante attività di laboratorio diversificate. Ero arrivata quindi alla laurea in Archeologia Medievale con una tesi sulle catacombe cristiane di Roma (lavoro complesso che univa la metodologia archeologica alla letteratura umanistica e medievale).
Ero laureata! Ok ma adesso? Si apriva il grande dilemma del futuro e del lavoro.
Iniziai così la trafila dei concorsi nell’ambito dei beni culturali (rari e anche molto lontani dal posto in cui vivevo), che si caratterizzavano per i pochissimo posti a disposizione e per le migliaia di richieste. Ecco le prime batoste. Gli studi che avevo fatto andavano bene ma non era affatto semplice superare i quesiti di logica presenti nelle prove preselettive. Riuscii a superare ugualmente diverse fasi concorsuali ma arrivare fino alla fine non era semplice. Decisi di tentare anche il mondo dell’insegnamento. Era l’epoca dei concorsi che ti abilitavano semplicemente ma senza prospettive certe di lavoro. Non faceva per me. Amando molto la scrittura, decisi di provare anche l’ambito del giornalismo e un po’ di esperienza fu per me possibile. Lavorai come tirocinante presso la redazione de “Il Tirreno” di Livorno nel settore “cultura e spettacoli” e nello stesso tempo come redattrice per una testata giornalistica online. Era tutto molto bello ma bisognava portare a casa la classica pagnotta. Decisi così di cambiare completamente ambito.
Oggi mi occupo di tutt’altro. Lavoro come operations sales e amministrativa per un’azienda che gestisce l’attivazione di diversi servizi per gli esercenti.
E l’archeologia? Non è il mio pane quotidiano, è vero ma non credo di averla mai abbandonata. Non potrei mai.
In questo mondo alla rovescia che non mi rappresenta, l’archeologia rappresenta il passato che riemerge e che deve essere sempre tutelato. Per questo ho deciso di creare questo blog.
Voglio che l’archeologia sia alla portata di tutti, conosciuta da tutti, senza confusioni o errate interpretazioni derivanti dalla scarsa conoscenza e dalle cosiddette fake news dilaganti. Siamo circondati da tantissime testimonianze e la cosa fondamentale è non solo conservarle ma soprattutto conoscerle. Forse avrei dovuto insistere, collaborare con le cooperative archeologiche (ma come vi ho detto lo scavo non mi appassionava), cercare nuove prospettive all’estero.
La storia non si fa con i “se”. Probabilmente adesso l’università è strutturata in maniera differente e gli sbocchi in questo ambito sono forse più tangibili. Sarò stata poco coraggiosa? Può darsi. Non ho di certo rimpianti.
L’archeologia è e sarà il mio background. La cerco, la condivido sempre e continuo a studiarla.